Da sperimentazione a politica sociale: l’esperienza del Progetto “Una famiglia per una famiglia”

Rilevante per cooperazione, sussidiarietà, sostenibilità

Il progetto “Una Famiglia per una famiglia”, ideato nel 2003 dal Comune di Torino e dalla Fondazione Paideia nell’ambito del bando di idee “La fatica di crescere”, è stato sperimentato per la prima volta nella Città di Torino dal 2005 al 2007. Successivamente, è stato inserito nelle politiche sociali del Comune ed è stato sperimentato in diverse aree territoriali del Nord e centro Italia, nelle regioni Piemonte, Emilia-Romagna, Lombardia, Veneto, Valle d’Aosta, Abruzzo, con il coinvolgimento di Amministrazioni Pubbliche, terzo settore e fondazioni private. Ad oggi il Progetto è in fase di sperimentazione in altri territori nazionali, tra cui la Città di Roma.

L’esperienza si pone in linea con la Raccomandazione n. 19 del 2006 del Comitato dei Ministri agli Stati Membri relativa alle politiche di sostegno alla genitorialità che incoraggia la promozione e il sostegno di risorse informali, reti tradizionali e altre forme di solidarietà presenti nella comunità.

 

Obiettivo delle attività è generare una nuova forma di sostegno e di affido che si basa sull’affiancamento diurno dell’intero nucleo familiare in difficoltà da parte di un altro nucleo familiare (famiglia affiancante) inteso come “risorsa”. Questa forma di prossimità è pensata con l’obiettivo di:

❖sperimentare un approccio innovativo, che sposti la centralità dell’intervento dal bambino all’intero nucleo familiare;

❖intervenire il più precocemente possibile rispetto alle problematiche familiari per evitare il disagio dei bambini e delle loro famiglie e prevenire l’allontanamento;

❖aumentare l’interazione tra servizi sociali e realtà associative del territorio, nell’ottica di consolidare partnership efficaci tra pubblico e privato.

Il programma della sperimentazione è di due anni e prevede l’attivazione di otto affiancamenti familiari della durata di un anno. Obiettivo finale è trasformare la “pratica” in una politica ordinaria degli Enti territoriali.

Il Progetto propone diversi strumenti di lavoro:

  • un gruppo tecnico di coordinamento, costituito da un’équipe multidisciplinare, che si occupa della regia operativa del progetto e dello sviluppo delle azioni previste;
  • un tutor che segue lo sviluppo del singolo affiancamento, con funzioni di monitoraggio, supporto nella relazione, raccordo con la rete territoriale di riferimento: le persone coinvolte nel ruolo di tutor possono provenire da realtà del territorio impegnate in ambito sociale;
  • il patto educativo, condiviso e sottoscritto dalle due famiglie, dal tutor e dall’assistente sociale, in cui sono definiti e condivisi gli obiettivi, le modalità operative e la durata dell’affiancamento;
  • un gruppo mensile di formazione rivolto ai genitori e figli adulti delle famiglie affiancanti, con l’obiettivo di sostenere e rielaborare le esperienze in corso;
  • un gruppo di supervisione periodico rivolto ai tutor per monitorare gli affiancamenti in corso ed elaborare strategie di fronteggiamento e supporto.

Nel 2010 l’Osservatorio Nazionale per le politiche della famiglia ha selezionato il progetto come buona pratica e lo ha presentato alla Conferenza Nazionale della famiglia. Nel 2015 il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli assistenti sociali gli ha assegnato il premio “Costruiamo il welfare di domani”. Inoltre, l’esperienza condotta dalla Fondazione è stata oggetto, nel 2015, di un percorso di alta formazione appositamente istituito dall’Università Cattolica di Milano, Centro di Ateneo di Studi e Ricerche sulla Famiglia.

INTERVISTA A GIORGIA SALVADORI, FONDAZIONE PADEIA ONLUS - TORINO

D. Nella fase di avvio di una nuova sperimentazione, su quali basi vengono individuati e coinvolti i partner? Quali sono le caratteristiche che i soggetti, istituzionali e non, attivi sul territorio devono necessariamente possedere per essere coinvolti?

R. Il progetto di affiancamento viene coordinato da un'equipe tecnica multidisciplinare che prevede la partecipazione dei partner locali impegnati nello sviluppo del percorso. Le composizioni dei gruppi tecnici nei territori possono essere diversificate: ciò che accomuna le diverse esperienze è il ruolo operativo rivestito dal Servizio Sociale, in particolare delle figure che si occupano dell’area affido, prevenzione e promozione. Associazioni di primo e di secondo livello, fondazioni, cooperative e organizzazioni impegnate nel supporto alla fragilità familiare hanno affiancato i Servizi nel percorso di lavoro, partecipando al gruppo tecnico con un ruolo operativo e di raccordo con le realtà territoriali.

D. Come si concretizza il coordinamento dei diversi partner del progetto sul territorio?

R.Esiste un gruppo tecnico di coordinamento che si riunisce con cadenza periodica (circa una volta al mese) e si occupa di definire le linee operative della sperimentazione, organizzare i momenti informativi e promozionali a livello locale, predisporre gli strumenti di lavoro, realizzare i percorsi formativi per operatori, tutor e famiglie affiancanti, predisporre gli abbinamenti per l’affiancamento, monitorare le azioni e definire l’assetto organizzativo della fase a regime del progetto.  L’affiancamento viene costruito attraverso una progettazione condivisa, in cui ciascun soggetto può portare il proprio contributo, a partire dalle proprie capacità e dal proprio ruolo. Anche le famiglie vengono coinvolte in un’ottica di co-progettazione: i contenuti del patto educativo vengono infatti concordati e scritti dalle due famiglie, con il supporto del tutor e dell’assistente sociale di riferimento.

D. Quali sono le risorse necessarie a rendere sostenibile il progetto “Una famiglia per una famiglia” anche nel lungo periodo?

R. Obiettivo della sperimentazione è inserire l'affiancamento nelle politiche sociali del territorio. Dopo il periodo iniziale, l'affiancamento diventa parte integrante dell'offerta dei servizi territoriali, ed è normalmente inserito tra le possibili forme di affido diurno con la modifica, in alcune occasioni, del regolamento interno al fine di includere questa nuova modalità di intervento. Tutti i territori che hanno concluso il percorso sperimentale (in cui, quando possibile, viene richiesto un contributo per lo start up) hanno proseguito l’affiancamento senza risorse aggiuntive, raccordandosi con gli Enti territoriali per la gestione dei percorsi formativi e l’individuazione di tutor e famiglie affiancanti e, se necessario, per il reperimento di risorse ad hoc.

D. Nel processo di attivazione dell’affiancamento familiare, come vengono adattate le procedure metodologiche alle caratteristiche dei singoli territori?

R. Una famiglia per una famiglia non viene proposto ai territori come modello da replicare, ma ricostruito in ogni esperienza, a partire dalla storia e dalle caratteristiche locali, attraverso una progettazione condivisa in cui ciascun attore contribuisce a definire le caratteristiche e i percorsi operativi dell’affiancamento in quella particolare realtà. In ogni territorio l’affiancamento ha, dunque, assunto caratteristiche e assetti organizzativi peculiari, pur mantenendo obiettivi e profili metodologici comuni. Il confronto inter territoriale promosso da Paideia consente, inoltre, a operatori e famiglie di condividere strategie e prospettive di sviluppo.

D. E’ disponibile un monitoraggio dei risultati, complessivo e differenziato per singole sperimentazioni?

R. Ad oggi gli affiancamenti attivati nelle diverse esperienze territoriali sono stati circa 300 e hanno coinvolto oltre 500 bambini. Le famiglie affiancate hanno constatato come l’affiancamento le abbia aiutate ad accrescere la fiducia verso gli altri e verso le proprie risorse, a sviluppare nuovi apprendimenti e strategie educative, a conciliare più facilmente i carichi familiari e sentirsi maggiormente autonome nella gestione dei figli e della quotidianità, a rafforzare ed ampliare le reti sociali di riferimento. Le famiglie affiancanti hanno espresso la percezione di aver contribuito a conciliare i carichi familiari e a ridurre lo stato di stress delle famiglie affiancate, di aver facilitato la relazione con le reti sociali e le istituzioni, aumentando il grado di autonomia e contribuendo alla riduzione degli elementi di rischio.

D. Dai dati rilevati in sede di monitoraggio, è possibile tracciare un profilo di “famiglia affiancata” e “affiancante”?

R. Questa tipologia di affiancamento risulta efficace rispetto a problematiche familiari quali: fragilità della rete familiare; difficoltà a orientarsi e ad utilizzare la rete dei servizi e le opportunità del territorio; condizioni di malattia di uno dei componenti della famiglia; affaticamento delle figure genitoriali; carenze educative rispetto ai minori; difficoltà di conciliazione dei carichi familiari.
Si tratta, quindi, di famiglie che con le proprie risorse non riescono a fronteggiare il peso della molteplicità e compresenza di più problematiche interne (rispetto alla coppia, ai figli, alle relazioni intrafamiliari) o esterne (con le proprie famiglie di origine, la rete amicale, le istituzioni scolastiche, sanitarie, sociali), ma che non presentano comportamenti ritenuti pregiudizievoli per la vita dei bambini, quali abbandono, abusi e  maltrattamenti fisici e/o psicologici, che richiedano l’attivazione di contesti di tutela. Le famiglie affiancanti possono avere conformazioni, provenienze territoriali e background esperienziali diversi: si tratta di nuclei familiari con o senza figli e, in alcuni casi, vengono coinvolte anche persone singole o più nuclei familiari in un medesimo affiancamento.

D. Il Progetto può divenire una politica sociale di livello nazionale? Se sì, quali sarebbero le azioni che l’Ente pubblico, a vari livelli di governo, dovrebbe compiere?

R. A livello nazionale vi è un primo riconoscimento nell’ambito delle Linee di indirizzo per l’affidamento familiare, quale forma di prevenzione dell’allontanamento e di “vicinato solidale”. La Regione Emilia Romagna, dal 2011, ha inserito l’affiancamento familiare all’interno della Direttiva regionale sull’affido, e la Regione Piemonte ha incluso un focus specifico sul “Sostegno alle responsabilità genitoriali e della prevenzione del disagio minorile”, nel Patto per il sociale 2015-2017.  

Un prospettiva nazionale potrebbe includere una sperimentazione allargata e accompagnata da un percorso valutativo comparato, che consenta di delineare, attraverso un confronto con le Regioni e gli Enti che hanno contribuito al suo sviluppo, le linee guida per una proposta di carattere complessivo.

 

PER APPROFONDIRE

  • Maurizio R., Perotto N., Salvadori G. L’affiancamento familiare. Orientamenti Metodologici, Carocci 2015.

WEBINAR "Governance del monitoraggio: chi produce informazioni, chi le riceve, a cosa servono" - 3 dicembre 2015 -

Intervento Dott.ssa Giorgia Salvadori -Fondazione Paideia, Torino

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